I tedeschi a Lama di Ravarano.
I tedeschi a Montagnana.
CornoIl
15 aprile 1944 il Distaccamento "Griffith" era accampato alla Casa del
Corno, sotto la cima del monte Montagnana. (detta anche Casa del Bersagliere)
I partigiani vi si erano stabiliti già da alcuni giorni, trovando
sistemazione in alcune stanze, nel fienile e sotto il portico
dell'abitazione della famiglia Magnani. Durante la notte un reparto tedesco
formato da contingenti della Militarkommandantur (comando
territoriale) di Parma e da un commando della Luftwaffe, affiancati da un
plotone di militi della Guardia Nazionale Repubblicana, raggiunse e circondò
la casa. L'attacco di sorpresa si risolse con un rapido scontro a fuoco,
durante il quale gli uomini del "Griffith" non ebbero modo di organizzare
una valida difesa: sotto i
colpi delle armi automatiche caddero cinque partigiani mentre gli attaccanti
ebbero un morto e un ferito. Alcuni partigiani riuscirono a sganciarsi e a
dileguarsi nelle tenebre, ma 54 di loro vennero catturati.
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Partigiani del "Griffith" catturati sul Montagnana,
detenuti
nella Certosa di Parma adibita a carcere.
Il percorso si sviluppa quasi
interamente nel tratto appenninico dei comuni di Calestano e Corniglio, tra
il medio corso del torrente Baganza e l'alta valle del Parma, giungendo fino
in prossimità del crinale che segna il confine con la provincia di Massa
Carrara. Le undici località comprese nell'itinerario sono legate alla
memoria della lotta partigiana che si combatté aspramente nella zona a Est
del passo della Cisa, come testimoniano le numerose lapidi sulle mura delle
case in cui i "ribelli" trovarono ospitalità o dove essi resistettero e
morirono per la liberazione dell'Italia.
Di seguito riportiamo i fatti
avvenuti nei pressi di Ravarano, precisamente sul Montagnana località "Il
Corno" e "Lama".
Montagnana.
La Casa del Corno o del Bersagliere, vista dal
lato Est, come appariva dopo
la ricostruzione nel primo
dopoguerra. Sulla destra il
basso fabbricato, ora scomparso, dove furono riuniti i prigionieri.
In primo piano la casa dei Rossi, dalla parte volta verso
il monte Scaletta. All'estrema
sinistra della foto la casa dei Bernini.
La
casa dei Rossi. Nascosta dall'albero, la porta
d'ingresso
Al
centro della foto, Sincero Bernini con la sua fisarmonica. Dietro di lui, in
piedi, la moglie "Consòla". In prima fila, accanto a Sincero (a destra per
chi osserva), il figlio Ugo. In ultima fila, il terzo da destra é il figlio
Remo.
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Testimonianza orale di Ampelio
Rossi, autoregistrata il 13 giugno 1990, Archivio Isrec Parma.
"Avevo un cane, io: era un po' che abbaiava ....
insomma, abbaia, abbaia, si sono svegliate le mie sorelle e quando si sono
svegliate hanno sentito parlare in tedesco....[Ci] avevano già circondato e
hanno sparato al cane..... Non potevamo più scappare. Avevano messo una
sentinella di sopra e una dietro alla casa, dove c'era una montagnola. Là
dietro, proprio sopra, dominavano tutto [...] Sono venuti nella camera e mi
hanno preso su, mezzo nudo, che avevo anche la tonsillite. Ci hanno buttato
fuori [dalla stanza] con la rivoltella puntata. Ci hanno ammucchiato in
cucina e siamo stati lì fino a quando sono andati via [...] Hanno preso su
tutti gli uomini. Erano tutti legati davanti a casa mia, seduti, scalzi
com'erano a quell'ora lì. Li hanno presi su com'erano...".
Lama
Tutto avvenne tra il 4 e il 6 (o il
7, la data non é certa) dicembre 1944 nella stretta fascia di terra che
attraversa la valle del Baganza dal monte di Cassio fino dove la ripida
fenditura del rio Arso s'incunea nella riva opposta, sopra Ravarano, e
conduce alle case di Lama. Proprio fra quelle case si era insediata
l'intendenza della 12° Brigata Garibaldi, dopo che questa unità era passata
dal Bardigiano in Val Baganza verso la fine di agosto. Presso le abitazioni
di due mezzadri - i Bernini e i Rossi - i partigiani avevano stabilito il
centro di raccolta, di preparazione e di distribuzione dei viveri. In
settembre erano affluiti nelle file della brigata anche diversi giovani del
luogo, che erano stati inquadrati nel distaccamento "Stromboli Grandesso".
Dopo l'annuncio del proclama Alexander e il rastrellamento autunnale della
zona Est Cisa ("Operazione Regenwetter", 19-26 novembre) si era decisa la
temporanea smobilitazione del distaccamento e, mentre gli autoctoni avevano
fatto ritorno alle loro case, il comando con un esiguo numero di partigiani
residenti in città aveva nuovamente fatto base a Lama. Nella notte fra il 4
e 5 dicembre un reparto formato da circa trenta soldati tedeschi provenienti
dalla guarnigione di Cassio Parmense, guidati da una persona del luogo,
accerchiò le case di Lama sbucando dal lato del monte sopra l'abitato. I
partigiani e tutti gli abitanti, donne e bambini compresi, vennero radunati
sotto il tiro delle armi, mentre le abitazioni dei Bernini e dei Rossi
venivano saccheggiate e devastate. Il partigiano Bruno Ferrari, "Zannarossa"
, che era alloggiato presso la famiglia Bernini, si uccise nel locale della
cucina facendosi scoppiare una bomba a mano sul ventre, piuttosto di essere
catturato. Gli uomini furono spinti contro il muro di casa Rossi: fra loro
vi erano 5 patrioti (Attilio Derlindati "Mongolo", Mario Saccardi "Ramir",
Enzo Dall'Aglio "Gandolfi", Giovanni Grandesso "Stalin", Silvio Tassoni
"Sergio") insieme ai maschi adulti della famiglia Bernini (il padre Sincero
con i figli Remo "Rigoletto", Ugo e Walter di appena quindici anni) e ai due
della famiglia Rossi (Domenico con il figlio Mentore "Topolino"). All'alba,
con le mani legate dal filo di ferro dietro la schiena, vennero condotti
verso Cassio. Le provviste razziate furono caricate su un carro al quale
erano aggiogati i buoi e le mucche dei Bernini e dei Rossi. In seguito i
prigionieri furono trasferiti al comando di Berceto per essere interrogati
dalla polizia militare tedesca. Nella notte tra il 6 e il 7 dicembre (altre
memorie collocano l'evento alla sera del 7) furono portati segretamente in
una località detta Conca della Bora, che dista circa un chilometro
dall'abitato di Cassio. Là vennero tutti uccisi e sepolti. I loro corpi
furono ritrovati solo a guerra finita il 2 maggio del 1945.
La casa che gli
aveva ospitati fu incendiata e razziata di tutto ciò che vi si trovava al
momento, dalle scorte alimentari alla biancheria, agli animali della stalla.
I prigionieri, costretti a caricarsi sulle spalle il bottino e le casse
delle munizioni, furono avviati a piedi verso Ravarano e da li vennero
trasferiti a Parma su alcuni camion. Tra il 17 ed il 20 aprile i patrioti
del "Griffith" furono giudicati dal Tribunale Speciale della RSI e
condannati a morte. Il 19 tre di loro vennero fucilati a Monticelli Terme,
ma la clamorosa manifestazione di protesta inscenata da un folto gruppo di
donne davanti alla Corte d'Assise riuscì ad ottenere per tutti gli altri la
sospensione della sentenza. Ugualmente, nelle settimane che seguirono, 5
condannati - fra essi lo studente diciottenne Giordano Cavestro - vennero
fucilati nei pressi di Bardi come atto di rappresaglia per l'uccisione di
tre militi della Guardia Nazionale Repubblicana e del giovane figlio di uno
di loro, ammazzati dai partigiani insieme ad un fascista di Bedonia. Il
combattimento di Montagnana determinò di fatto lo scioglimento del "Griffith".
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